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  • Immagine del redattoreUnla Ente Morale

La nostra Pasqua 2020

Sospesi nell’attesa, incerti sul da farsi, angosciati dalle notizie che arrivano a ritmo incalzante in ogni momento del giorno, rattristati per le immagini televisive da tutto il mondo, preoccupati per l’impossibilità di avere la certezza di restare immuni nonostante le precauzioni prescritte, viviamo in una condizione che non avremmo mai immaginato, nel tempo in cui i traguardi della scienza e della tecnica raggiungono livelli altissimi.


Eppure le precauzioni sono le stesse di quelle che ci hanno raccontato i nonni ai tempi della “spagnola” o del “vaiolo” cento anni fa.


Riusciamo a fare i trapianti di organi, ad impiantare protesi intelligenti, a sconfiggere tumori devastanti, a debellare patologie gravissime, quindi riusciremo anche a sconfiggere il coronavirus Covid 19; è questo che la ricerca ci sta dicendo con i bollettini che periodicamente dirama da tante parti del mondo.


Anche la nostra vita personale molte volte è percorsa da fatti, che ci negano il grado di civiltà a cui siamo abituati e ci fanno piombare in una notte buia di incomprensione verso fenomeni e comportamenti, che pensavamo fossero scomparsi; ma il risveglio di un retaggio azzera quanto faticosamente si era conquistato, comunque sempre temporaneamente.


Temporaneamente, perché la nostra evoluzione non si ferma, va avanti, si arricchisce di nuovi traguardi, esplora nuovi ambiti sconosciuti e li svela a tutta l’umanità, nel rispetto di un concetto consolidato della univocità del percorso, perché nessuno si salva da solo, mentre tutti insieme si procede sinergicamente verso l’obiettivo della conoscenza.


Siamo consapevoli che ogni persona fa sacrifici per conseguire risultati e i sacrifici della società di oggi si individuano nelle vittime del Covid 19, ai quali va il nostro pensiero deferente e affettuoso; nonostante non ne abbiamo conoscenza diretta sentiamo che ci appartengono, che ci mancheranno nel concetto grande e permeante di “umanità”.


Questa esperienza così dura ed inimmaginata ci sta facendo riscoprire aspetti della nostra vita, che pensavamo avere perduto, superato, rimosso per la consuetudine imposta dai ritmi frenetici di ciascuno di noi, condizionati dal fare quello che è “importante”, “essenziale”, ma per chi ?


Il rapporto familiare relegato ai pochi attimi di incontro vero con la moglie o il marito, i figli, i genitori, gli amici, in un tempo ritagliato o forse casuale durante la permanenza a casa, se non si guarda la televisione o gli sms sul telefonino, diventa un aspetto predominante del vivere insieme e si scopre l’essenzialità dell’empatia con i propri cari, che avevamo perso e che ci fa entrare nella dimensione universale dell’amore alla base dell’unione familiare e interpersonale, dove ciascuno si concede irreversibilmente all’altro nella totalità del sentimento.


Alcuni hanno rilevato che oltre questi aspetti positivi della convivenza vi sono anche quelli negativi, che diventano ingestibili e quindi insopportabili; quando succede questo si evidenzia il limite di un rapporto nato in termini superficiali o egoistici, che si è portato avanti solo sul piano formale e non è entrato nella dimensione della donazione generosa e altruistica, che è quella che definisce l’amore come comunione di sentimenti, di atteggiamenti e di percorsi, nella convinzione che la complementarietà possa costituire l’unità.


Il “distanziamento sociale” ha evidenziato i ruoli che ogni cittadino ha all’interno della dimensione civile della convivenza; quando alcune fabbriche sono chiuse perché non si ritiene che la produzione sia vitale; quando i prodotti agricoli restano sui campi e non possono essere raccolti per mancanza di mano d’opera stagionale comunitaria o extracomunitaria perché le frontiere sono chiuse; quando alcuni servizi, anche in casa, non trovano persone che possano svolgerli per il divieto di lasciare le proprie abitazioni; si rilevano i limiti di alcune prese di posizione discriminatorie ed emarginanti verso i non italiani, frutto di imbarbarimento culturale e sociale.


Il carico ospedaliero, soprattutto in alcune regioni, ha denunciato le politiche contro il welfare state, attuate negli ultimi venticinque anni con la motivazione che i servizi costano molto. Se le strutture ospedaliere e la ricerca fossero state implementate, la situazione attuale non ci sarebbe appartenuta, ma avremmo commentato le situazioni degli altri Paesi.


Questa dimensione umana riacquisita nella pandemia mondiale rappresenta l’antidoto e il sollievo, per il dolore e i sacrifici vissuti e costituisce la condizione per una ripartenza a pieno ritmo verso traguardi nuovi, con la solidarietà, il rispetto dell’altro, un nuovo sentimento sociale e il ridimensionamento dell’individualismo e dell’egoismo quando non l’emarginazione di atteggiamenti, che hanno messo in crisi di evoluzione e di civiltà il consorzio umano.


Questo “bagno di umiltà” dei potenti probabilmente non li ravvedrà, perché verrà considerato un incidente di percorso, ma illuminerà tutti gli altri e li riporterà al senso di responsabilità che ciascuno di noi ha non solo verso il vicino di casa, ma verso tutta l’umanità – sì, ognuno è responsabile verso tutta l’umanità – e deve ragionare nella dimensione globale e non particolare.


“TUTTO ANDRÀ BENE”, l’Inno d’Italia, i canti dai balconi di casa, partiti dall’Italia e giunti ormai in tutto il mondo, gli applausi al personale sanitario nel suo complesso, il coro dei bambini europei che canta “nessun dorma” dalla Turandot di Puccini, Azzurro di Celentano rappresentano il grado di consapevolezza che la nostra nazione e le altre nazioni hanno della pandemia, che si traduce nella richiesta umanitaria di stare insieme per sconfiggere con la scienza il Covid 19.


Questo superamento delle barriere, dei confini nazionali, delle etnie, delle diversità di ogni tipo rappresenta la preziosità del mondo unito, contro gli ideologismi, gli scontri di potere, le guerre finanziarie, commerciali, territoriali e suona come monito alle classi dirigenti, che perderanno la rappresentanza se non adotteranno un atteggiamento coerente a quello di tutta l’umanità.


È la nostra Pasqua laica, che assieme a quella cristiana viviamo intensamente con il cuore pieno di speranza e l’intelletto proteso verso un futuro di più avanzata civiltà.


Un augurio di Buona Pasqua agli Amici del Comitato Direttivo, ai Delegati Regionali, ai Dirigenti dei CCEP, ai Soci, ai Professori, agli Iscritti dell’Università di Castel Sant’Angelo, a tutti i simpatizzanti del nostro Ente, a tutte le Istituzioni di riferimento.


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